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Eccellentissimo Signor Presidente del Consiglio,

Tra pochi giorni sarà Natale e, inevitabilmente, come ad ogni celebrazione di questo Santo Anniversario, il cuore ed il pensiero di ogni singolo cittadino italiano sono rivolti verso la pace, affinché essa persista o si realizzi, tanto in famiglia quanto nel mondo.

Va tuttavia osservato, come diceva San Giovanni Paolo II, che “La pace non è semplicemente assenza di guerra, ma la presenza di una giustizia che può essere raggiunta solo con duro lavoro e perseveranza”.

Personalmente, al di là della ormai stucchevole e ripetitiva narrativa sull’aggredito e sull’aggressore, in questi mille giorni e più di guerra non mi sono mai scoraggiato nel sostenere che, con il passare del tempo, la pace sarebbe divenuta sempre più vicina. Questo perché gli elementi che ne ostacolavano il raggiungimento avevano, fortunatamente, i minuti contati.

Vorrei sottolineare, in questa mia riflessione, come l’Amministrazione Biden non solo abbia scelto il muro contro muro riguardo alla crisi ucraina, ma abbia anticipato questa posizione fin dai tempi dell’emergenza Covid. Il lancio del vaccino russo Sputnik V, infatti, fu percepito dagli americani come un’operazione di soft power da parte del Cremlino. Questo portò la Casa Bianca, prima, a sanzionare i centri di ricerca che avevano sviluppato il vaccino e, successivamente, a esercitare pressioni diplomatiche eccessive affinché nel blocco occidentale venissero distribuiti esclusivamente vaccini finanziati dagli Stati Uniti, come Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson.

In questo contesto si inserisce, a mio modesto parere, una delle vicende più controverse e tristi delle relazioni bilaterali tra Italia e Russia: l’“Operazione Dalla Russia con Amore”.

Tra il 22 e il 25 marzo 2020, in risposta alla richiesta d’aiuto del Governo Conte II e di varie associazioni italiane amiche della Russia (tra cui vi è anche quella che mi onoro di presiedere), il Presidente Putin inviò in Italia un imponente supporto umanitario. Attraverso ben 17 aerei, il Cremlino fece arrivare 106 operatori militari, tra epidemiologi e specialisti medici, oltre a ventilatori, mascherine, tute protettive e tamponi, materiali di cui il nostro Paese era, all’epoca, drammaticamente sprovvisto.

Eppure, il ringraziamento da parte di alcuni importanti giornali nazionali e di ampi settori politici si tradusse in una vergognosa quanto capziosa accusa di spionaggio. In altre parole, di fronte a un gesto di solidarietà straordinario, l’Italia ha letteralmente “morso la mano che la stava aiutando”.

Questa ingratitudine è stata ulteriormente aggravata da una successiva ondata di russofobia immotivata, manifestatasi dopo l’intervento russo nel Donbass nel 2022, attraverso azioni come:

  • Il sequestro dei beni di alcuni ricchi cittadini russi in Italia;
  • Il divieto di studiare autori e pensatori russi, come Tolstoj e Dostoevskij, in alcune università italiane;
  • Il boicottaggio di artisti russi;
  • L’assegNazione di Palazzo Ardinghelli, edificio sito in l’Aquila e restaurato grazie a un contributo di 7,2 milioni di euro donati da Mosca, per ospitare mostre di artisti ucraini.

Questi episodi possono essere definiti “contro natura” poiché non solo hanno danneggiato i nostri interessi economici (si pensi agli investimenti bilaterali persi), ma hanno anche leso la nostra posizione geopolitica, contribuendo al caos in Africa e in Medio Oriente. Soprattutto, però, vanno contro il legame storico e culturale tra Italia e Russia.

La Russia, infatti, non è solo una nostra amica: è una nostra sorella. Questo legame trova radici nei contributi straordinari di molti italiani allo sviluppo della Russia moderna: da architetti come Viotti e Rastrelli, a compositori come Salieri, matematici come Lagrange, pittori come De Nittis, esploratori come Miani e Nobile, fino a politici come Togliatti. Inoltre, i russi, pur non essendo latini, si sentono eredi della tradizione romana, tanto da considerare la loro capitale, Mosca, la “Terza Roma”.

Quest’ultima affermazione è tanto più vera se si considera che, come gli Stati Uniti, la Federazione Russa non è una semplice Nazione, ma un vero e proprio impero, con le proprie sfere d’influenza e pertinenze. Negare questo significa mentire, non a loro, ma a noi stessi.

Tuttavia, la Russia non ha mai avuto ambizioni di conquista dell’Europa. Certo, è vero: i loro eserciti marciarono fino a Parigi e in Italia, ma solo dopo che Napoleone era precedentemente arrivato a Mosca; e come vennero, così se ne andarono.

Negli ultimi 200 anni, invece, i pacifici italiani hanno invaso per ben tre volte la Russia:

  • Nel 1855, con la Guerra di Crimea;
  • Tra il 1919 e il 1920, supportando i bianchi nella Guerra Civile contro i bolscevichi;
  • Tra il 1941 e il 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, al fianco dell’alleato tedesco.

 

Quante volte la Russia ha invaso l’Italia? Zero.

Nello stesso arco temporale, gli inglesi hanno invaso la Russia due volte (nella Guerra di Crimea e durante la campagna contro i rossi), gli americani una volta (durante la Guerra Civile Sovietica), e i tedeschi un’infinità di volte. Persino durante la Guerra Civile Spagnola, la Russia di Stalin si guardò bene dall’intervenire.

Dunque, dove sarebbe tutta questa aggressività ed espansionismo della Russia? Specie oggi, quando il Paese conta a malapena 140 milioni di abitanti, sparsi su una superficie grande quanto un continente e mezzo, con meno di un quarto della popolazione in età da combattimento e quindi teoricamente disponibile?

Questa considerazione è tanto più vera se osserviamo quello che è successo ultimamente in Siria, dove l’esercito russo non ha potuto aiutare, come invece ottimamente ha fatto in passato il proprio alleato Bashar al-Assad, in quanto totalmente impegnato in Ucraina.

Carl von Clausewitz sosteneva che: “La guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi”, intendendo dire che la guerra non è un fenomeno isolato o fine a sé stessa, ma uno strumento al servizio di obiettivi politici, quando gli strumenti diplomatici o pacifici falliscono. Siamo dunque sicuri che la Russia abbia tutta la responsabilità su quanto è accaduto o stia accadendo in Ucraina? O molto più probabilmente, il Cremlino ha solo una parte di responsabilità, come anche noi occidentali ne abbiamo altrettanto?

Abbiamo fatto tutto quanto era possibile per la pace, come ci aveva invitato a fare il Santo Padre? Credo proprio di no...

L’Ungheria di Orban, nostro alleato in Europa e nella NATO, unitamente al Vaticano, così come la Turchia di Erdogan, altro importante componente dell’Alleanza Atlantica, sono stati gli unici Paesi che hanno cercato seriamente di trovare una soluzione diplomatica a questo conflitto, con grande evidente beneficio soprattutto per Ankara sia a livello economico che politico, e anche in termini di prestigio internazionale.

Tutti ormai sanno come, nell’aprile del 2022, quando era stata trovata faticosamente un’intesa di pace tra Mosca e Kiev, Boris Johnson, allora Primo Ministro britannico, sia intervenuto, dietro mandato degli Stati Uniti, per convincere Volodymyr Zelensky a non accettare le condizioni proposte per un cessate il fuoco, sostenendo che l’Occidente non era pronto a supportare un accordo che favorisse la Russia. Inoltre, la Gran Bretagna assicurò al Presidente ucraino un continuo supporto militare e finanziario da parte di tutto il blocco occidentale, rafforzando così la posizione di Kiev di resistere piuttosto che negoziare in quel momento.

Ebbene, nei successivi 30 mesi, quante persone sono morte dall’una come dall’altra parte? Se non lo sa, glielo dico io: più di mezzo milione di individui. E se questi sono i numeri sotto il profilo puramente demografico, i danni alle infrastrutture, siano esse abitative, produttive o logistiche, sono letteralmente incalcolabili.

Ma queste macerie non coprono solo il suolo ucraino; esse ammantano anche le nostre strade, le nostre periferie e ovunque in Italia si faccia fatica a vivere, perché, per sostenere l'Ucraina, tutti i contribuenti hanno sborsato fiumi di denaro per finanziare la guerra. L'Italia, nello specifico, ha contribuito con circa 660 milioni di dollari in aiuti militari, 310 milioni in aiuti economici e 50 milioni in assistenza umanitaria, senza contare gli effetti nefasti sull'economia interna, come la follia di abbandonare le forniture di Gazprom , che a noi costavano solo 27 euro per megawattora (€/MWh), a favore di quelle degli Stati Uniti e di altri Paesi nordafricani. Questi ultimi hanno fatto sì che i prezzi schizzassero, nei momenti di maggiore crisi, anche oltre i 292 €/MWh, cioè dieci volte di più rispetto a quanto pagavamo in passato. Un danno che si aggira intorno ai 200 miliardi di euro. Tutti soldi che si sarebbero potuti spendere, ad esempio, in sanità, nel rifacimento delle reti idriche, vere e proprie colabrodo nazionali, o in un'infinità di opere strategiche che mancano in questo Paese.

Ma se questa è stata la ricaduta sull’Italia, al vecchio continente non è andata meglio: i Paesi europei, infatti, hanno speso o impegnato oltre 1.000 miliardi di dollari, sia in termini diretti che indiretti, tra assistenza militare, economica e umanitaria.

E se vogliamo essere seri, e dirla tutta, questa è la principale ragione per cui gli attuali governi francese e inglese vorrebbero inviare le proprie truppe ufficiali in Ucraina: non per aiutare gli ucraini, ma nell’estremo tentativo di salvare il loro ingente investimento, costi quel che costi, anche a costo di far scoppiare la terza Guerra Mondiale.

D’altronde, i nostri amici anglo-francesi non sono nuovi a questo tipo di avventure; infatti, come dimenticare la Guerra di Suez del 1956, quando il peggio fu evitato solo grazie all’intervento degli Stati Uniti e dell’allora Unione Sovietica?

Allo stesso modo, il Presidente Biden, che ha gestito nel modo poc'anzi descritto tutta la crisi ucraina, non accetta la possibilità di una imminente chiusura del conflitto, sia per motivi economici nazionali (oltre 174 miliardi di dollari spesi dagli Stati Uniti), sia per interessi personali legati al figlio Hunter Biden, che per motivi di prestigio, poiché una condotta diametralmente opposta alla propria da parte di Donald Trump metterebbe in luce tutta l’opacità del proprio operato su questa vicenda. Ed è per questo che, in questi giorni, sta facendo di tutto per far saltare ogni spiraglio di dialogo, inviando fondi e mezzi contro ogni principio etico del buon passaggio di consegne.

La Russia è pronta alla pace, l’amministrazione Trump vuole la fine, e gli ucraini stessi, dopo due controffensive inutili e dispendiose, sono stanchi e demotivati; non ce la fanno più e la presenza dei nordcoreani nella regione (i nordcoreani sono ufficialmente alleati militarmente della Russia dall’estate del 2024, alla maniera della nostra vecchia “Triplice Alleanza”), così come il lancio del nuovo missile ipersonico “Oreshnik” da parte dei russi, o le ripetute minacce di utilizzo dell’arma atomica, non sono segnali da parte del Cremlino per inasprire la lotta o per continuare a combattere all’infinito, ma semmai per avvisare tutti, ora che la pace è più vicina, che nessun colpo di testa sarà tollerato e che nessun gesto irresponsabile o avventato sarà permesso. Infatti, lo stesso Presidente Putin, nel suo ultimo discorso alla Nazione, ha detto: “Abbiamo sempre preferito soluzioni pacifiche e siamo ancora pronti a risolvere tutte le controversie in questo modo. Eppure, non siamo meno pronti ad affrontare tutti i possibili sviluppi che potrebbero derivare dagli eventi in corso. E se qualcuno ne dubita ancora, si sbaglia di grosso. La Russia reagirà sempre.

Dunque, perché perseverare con le tensioni?

L’Italia e il mondo intero, dalla fine di questo conflitto, avrebbero solo da guadagnarci. Otto von Bismarck soleva dire che 'la politica è l’arte del possibile', ed io aggiungerei che ognuno è capace di costruirsi la migliore cornice possibile a seconda dei momenti storici che si profilano dinanzi a sé. E l’Italia, se vuole, ha davanti un roseo futuro come cerniera tra due mondi: quello atlantico e quello russo.

Trump ha intuito e compreso che non vi potrà mai essere contenimento della Cina finché la Russia sarà scaraventata tra le braccia di Pechino; ecco perché, ob torto collo, una nuova stagione di dialogo e collaborazione tra le due superpotenze è ormai alle porte. Il nuovo corso isolazionista degli Stati Uniti, unitamente ai problemi demografici dei russi, fa sì che ogni ulteriore partner e attore di questo dialogo sia chiamato a una propria assunzione di piena responsabilità e affidabilità, che comporterebbe anche una adeguata espansione della propria autonomia

Certo, per attuare tutto questo non ci vorranno settimane né mesi, ma anni; è necessario, se vogliamo riprendere a crescere e camminare.

La mia organizzazione, ad esempio, opera principalmente in Abruzzo, una terra che vive le preoccupazioni e le incertezze legate all’automotive, ed è per questo che anni fa cercai di portare investitori russi nella mia regione, per continuare a dare benessere e lavoro ai miei concittadini. Un percorso era stato avviato, e un ponte era stato costruito; il Covid prima, e la guerra poi, li hanno notevolmente danneggiati, ma oggi abbiamo un’occasione, Signor Presidente: quella di riprendere un cammino sospeso e, con noi, tutta la Nazione.

Abbia pertanto il coraggio e la forza di essere, Signor Presidente del Consiglio, non strumento di lotta della parte sconsiderata dell’Occidente, ma strumento di pace per il mondo intero.

A tal riguardo, voglio suggerirle di farsi promotrice di una conferenza di pace tra tutti gli attori in campo, Russia e Vaticano compresi, qui in Abruzzo, nella città di Ortona, poiché in essa, presso la cattedrale del paese, sono custodite le sacre ossa dell’Apostolo Tommaso, reliquia quanto mai cara non solo ai cattolici, ma anche e soprattutto agli ortodossi. La città di Ortona, poi, è conosciuta da tutti gli storici del mondo come la 'Piccola Stalingrado d’Italia', in quanto lungo le proprie strade si combatté, tra le truppe tedesche e alleate, una delle battaglie più sanguinose e feroci di tutta la Seconda Guerra Mondiale.

Insomma, nella terra di Celestino V c'è una città martire dal grande significato simbolico che potrebbe fungere da ponte e non da palizzata.

Noi, come tutti gli uomini di buona volontà, attendiamo fiduciosi, poiché, come affermò Pio XII: “Tutto è perduto con la guerra, nulla è perduto con la pace”, specialmente con l’avvicinarsi del Santo Natale. Auguro a Lei, a tutti i suoi cari e alla Nazione intera ogni bene e prosperità, nell'ottica della pace e della concordia.

il Presidente

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Nel giorno di #SanFrancescodAssisi, noi dell'Associazione degli Italiani Amici della Russia ci affidiamo all'intercessione del #Patrono d'#Italia. Che, come nel suo incontro con il Sultano #AlMalikAlKamil, possa ispirare #pace nei cuori e salvarci dal disastro che l'umanità sembra affrontare con tanta rassegnazione.

#Dialogo #Guerra

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L'Associazione degli Italiani Amici della Russia esprime tutto il proprio cordoglio        e vicinanza ai parenti delle vittime del grave attentato terroristico occorso al "Crocus City Hall" di Krasnogorsk consapevoli del fato che le autorità russe sapranno dare giustizia a tutti costoro.

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Sono a dir poco ridicole e puerili le dichiarazioni di Washington riguardo ai risultati delle elezioni presidenziali in Russia.

Infatti, piaccia o non piaccia, alle urne, anche nelle zone devastate dal conflitto, si sono recati all’incirca il 73% degli aventi diritto, mentre qui in Occidente, Stati Uniti compresi, un elettore su 2 non va a votare.

Si pensi solo che alle scorse presidenziali del 2018, cioè prima dell’inizio della cosiddetta “Operazione Speciale”, a votare sono andati il 67,54% dei cittadini aventi diritto, i quali, a loro volta, hanno potuto dirigere le proprie preferenze su tre candidati disponibili.

Oggi, invece, i candidati erano addirittura quattro, uno più della scorsa volta.

Certo, ci sono state anche proteste, cioè chi ha scritto insulti sulle schede, o ha buttato l’inchiostro nelle urne, o ha intasato i seggi a mezzogiorno con code interminabili, ma questo, se non erro, succede anche da noi.

Quante volte gli scrutatori, aprendo una scheda in Italia, non si saranno ritrovati in mano la classica fetta di salame con su scritto: “Vi siete mangiati tutto? Allora, tjé! Mangiatevi pure questa”? Così come si saranno imbattuti nel classico cittadino che si rifiuta di ritirare la scheda e chiede che venga messo a verbale.

Ma questo, è evidente, non certifica in alcun modo  che il sistema sia già bello e che morto.

Semplicemente vuol dire che c’è della gente che dissente, come è giusto che sia in ogni Paese dove è garantito il diritto di voto.

Hai voglia dunque a gridare che in Russia le elezioni: “non sono ovviamente né libere né giuste”, anche perché, sempre secondo questi detrattori: “con il voto elettronico Putin ha avuto mano libera per falsare facilmente il risultato”, quando, per altre elezioni presidenziali, quelle si falsate, c’è chi come Ashley Babbitt – sostenitrice di Trump e veterana dell’Air Force, di 35 anni d’età – durante l’assalto a “Capitol Hill”, fu freddata, come se niente fosse, da un colpo sparato alla faccia da un poliziotto.

 

Con l’approssimarsi del Nuovo Anno e il compimento della Natività Ortodossa, auguriamo a tutti i nostri amici russi uno splendido 2024 ed un futuro di pace che siamo certi presto giungerà per tutti gli uomini di buona volontà, ricongiungendo nuovamente i nostri popoli come e anche più del passato.

Il Presidente

Lorenzo Valloreja

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Caro Signor Presidente (Mattarella), Vi preghiamo di accettare le nostre più sentite condoglianze per la morte dell’eccezionale politico italiano Silvio Berlusconi.

Al nome di questo straordinario personaggio sono legati gli avvenimenti più importanti della storia recente d’Italia. Da vero patriota, Silvio Berlusconi ha sempre messo al primo posto gli interessi della Patria. Per molti anni, guidando il Consiglio dei ministri e ricoprendo altri importanti incarichi di governo, ha fatto molto per lo sviluppo economico e sociale del Paese, per il rafforzamento della sua posizione in Europa e sulla scena mondiale. Era giustamente considerato il patriarca della politica italiana e godeva di grande prestigio internazionale.

Silvio Berlusconi sarà ricordato in Russia come un sostenitore coerente e di principio del rafforzamento delle relazioni amichevoli tra i nostri Paesi. Ha dato un contributo personale davvero inestimabile allo sviluppo di partenariati italo-russi reciprocamente vantaggiosi.

Per me Silvio era una persona cara, un vero amico. Ho sempre ammirato sinceramente la sua saggezza, la sua capacità di prendere decisioni equilibrate e lungimiranti anche nelle situazioni più difficili. Durante ciascuno dei nostri incontri, sono stato letteralmente caricato della sua incredibile vitalità, ottimismo e senso dell’umorismo. La sua morte è una perdita irreparabile e un grande dolore.

Vi chiedo di trasmettere le parole di sincero cordoglio e sostegno alla famiglia e agli amici di Silvio. Auguro a tutti forza d’animo di fronte a questa grave perdita.

Cordiali saluti,

Vladimir Putin“.

 

Riguardo al discordo del Presidente Putin – tenuto ieri sulla Piazza Rossa, in onore del “Giorno della Vittoria” – si è scritto, in Occidente, forse tanto o forse anche troppo poco, ma sicuramente usando il pregiudizio e travisando taluni passaggi.

Perciò, a scanso di equivoci e per maggior chiarezza, abbiamo deciso di pubblicare integralmente, qui di seguito, il discorso del Presidente della Federazione Russa:

Cittadini della Russia,

Cari veterani,

Camerati soldati e marinai, sergenti e marescialli, guardiamarina e sergenti maggiori,

Camerati ufficiali, generali e ammiragli,

Soldati e comandanti partecipanti all’operazione militare speciale,

Felice Giorno della Vittoria!

Felice festa che commemora l’onore dei nostri padri, nonni e bisnonni che hanno glorificato e immortalato i loro nomi difendendo la nostra Patria. Hanno salvato l’umanità dal nazismo con coraggio incommensurabile e immenso sacrificio.

Oggi, la nostra civiltà è a un punto di svolta cruciale. Una vera guerra è in corso di nuovo contro il nostro paese, ma abbiamo contrastato il terrorismo internazionale e difenderemo il popolo del Donbass e salvaguarderemo la nostra sicurezza.

Per noi, per la Russia, non esistono nazioni ostili o nemiche sia ad ovest che ad est. Proprio come la stragrande maggioranza delle persone sul pianeta, vogliamo vedere un futuro pacifico, libero e stabile.

Crediamo che qualsiasi ideologia di superiorità sia aberrante, criminale e mortale per sua natura. Tuttavia, le élite globaliste occidentali continuano a parlare della loro eccezionalità, mettono le nazioni l’una contro l’altra e dividono le società, provocano conflitti sanguinosi e colpi di stato, seminano odio, russofobia, nazionalismo aggressivo, distruggono la famiglia e i valori tradizionali che ci rendono umani. Fanno tutto ciò per continuare a dettare e imporre la loro volontà, i loro diritti e regole sui popoli, che in realtà è un sistema di saccheggio, violenza e soppressione.

Sembra che abbiano dimenticato a cosa hanno portato le folli pretese di dominio globale dei nazisti. Hanno dimenticato chi ha distrutto quel male mostruoso e totale, chi si è alzato per la loro terra natia e non ha risparmiato la propria vita per liberare i popoli d’Europa.

Vediamo come in alcuni paesi distruggono senza pietà e freddamente i memoriali ai soldati sovietici, demoliscono monumenti ai grandi comandanti, creano un vero culto dei nazisti e dei loro rappresentanti, cancellano e demonizzano la memoria dei veri eroi. Tale profanazione dell’impresa e dei sacrifici della generazione vittoriosa è anche un crimine, un chiaro revanscismo da parte di coloro che stavano cinicamente e apertamente preparando una nuova marcia sulla Russia e che hanno radunato rifiuti neo-nazisti da tutto il mondo per questo.

Il loro obiettivo – e non c’è nulla di nuovo in questo – è quello di spezzare e distruggere il nostro paese, di annullare i risultati della Seconda Guerra Mondiale, di smantellare completamente il sistema di sicurezza globale.

Cittadini della Russia,

Le battaglie decisive per la nostra Madrepatria sono sempre diventate patriottiche, nazionali e sacre. Siamo fedeli all’eredità dei nostri antenati e abbiamo una consapevolezza profonda e chiara di cosa significhi essere all’altezza dei loro successi militari, lavorativi e morali.

Siamo orgogliosi dei partecipanti all’operazione militare speciale, di tutti coloro che combattono in prima linea, di coloro che consegnano rifornimenti al fronte e salvano i feriti sotto il fuoco. Le vostre attività combattive oggi sono di importanza fondamentale. La sicurezza del paese dipende da voi oggi, così come il futuro della nostra statualità e del nostro popolo. Svolgete commendevolmente il vostro dovere di combattimento lottando per la Russia. Dietro di voi ci sono le vostre famiglie, i vostri figli e i vostri amici. Stanno aspettando voi. Sono sicuro che potete sentire il loro amore incondizionato.

L’intero paese si è unito per sostenere i nostri eroi. Tutti sono pronti ad aiutare, tutti pregano per voi.

Camerati, amici, cari veterani,

Oggi, ogni famiglia del nostro paese onora i partecipanti alla Grande Guerra Patriottica, ricorda i loro familiari e i loro eroi, e depone fiori ai memoriali militari.

Ci troviamo in Piazza Rossa, un luogo che ricorda i fedeli di Yury Dolgoruky e Dmitry Donskoy, la milizia popolare di Minin e Pozharsky, i soldati di Pietro il Grande e Kutuzov, le parate militari del 1941 e 1945.

Oggi abbiamo qui i partecipanti all’operazione militare speciale – militari di carriera e coloro che si sono arruolati durante la parziale mobilitazione, truppe dei corpi di Lugansk e Donetsk, molte unità volontarie, personale della Guardia Nazionale, del Ministero dell’Interno, del Servizio Federale di Sicurezza, del Ministero delle Emergenze e di altre agenzie e servizi di sicurezza.

I miei saluti a tutti voi, amici. I miei saluti a tutti coloro che stanno combattendo per la Russia sul campo di battaglia, che ora sono in servizio.

I nostri eroici antenati hanno dimostrato durante la Grande Guerra Patriottica che nulla può battere la nostra forte, potente e affidabile unità. Non c’è nulla di più forte del nostro amore per la Madrepatria.

Per la Russia! Per le nostre gloriose Forze Armate! Per la Vittoria!

Urrà!”

Vladimir Putin

La dichiarazione a Westminster del Sottosegretario alla Difesa di Sua Maestà Britannica, la Baronessa Annabel MacNicoll Goldie, riguardo la fornitura di proiettili perforanti all’uranio impoverito sembra aver scatenato polemiche solo da parte del Cremlino in quanto il l’Occidente, detentore dei cosiddetti buoni “Valori”, tace vergognosamente come se, dalla Guerra del Golfo, all’intervento NATO nella ex Jugoslavia, fino all’occupazione dell’Afghanistan, in più di 30 anni di utilizzo di questo tipo di armi, non avesse già avuto prove a sufficienza rispetto alla pericolosità ed alle controindicazioni legate non solo alla nocività arrecata alla salute umana quanto alle terribili ricadute ambientali.

A tal proposito si tenga presente che, nel 2008, a Strasburgo, il Parlamento Europeo, votò una Risoluzione affinché venissero vietate, su scala globale, l’utilizzo delle armi all’uranio impoverito e tale documento prevedeva al:

Chiaramente l’uranio impoverito,  essendo stato usato solo dai Paesi NATO – e non avendo questi ultimi mai perso una guerra, o meglio, non essendo mai stati posti sul banco degli imputati – è tuttora nelle disponibilità dei vari arsenali del Patto Atlantico e ci si è ben guardati dal portare a compimento la Risoluzione Comunitaria ”B6-0219/2008” come invece sarebbe stato giusto.

Una volta un vecchio saggio disse che l’uomo è l’animale più pericoloso del creato e, ahimè, mai affermazione fu più veritiera.

Infatti, la scelta di usare questo materiale altamente pericoloso in ambito militare è stato dovuto proprio al desiderio diabolico di distruzione dell’essere umano.

Un tempo le armi erano considerate efficaci tanto più erano capaci di uccidere in maniera rapida il maggior numero di soggetti.

Ad un certo punto, però, gli strateghi compresero che questo era male, ma non certo per considerazioni di carattere umanitario quanto di economia di guerra.

Le più moderne dottrine contemporanee, infatti, non prevedono più di uccidere il maggior numero di nemici nel minor tempo possibile quanto quello di ferirne gravemente il maggior numero possibile per mandare in crisi, da un lato, il sistema sanitario dell’avversario e, dall’altro, far saltare il welfare del nemico.

È, ad esempio, in questo contesto che nascono le cosiddette “mine antiuomo” che hanno lo scopo non di uccidere la vittima ma di mutilarla gravemente così da renderla un “problema ed un peso” per l’avversario.

Immaginate, a tal riguardo, un soldato che ha vent’anni d’età e, che, a seguito di una mina antiuomo, perda entrambe le gambe.

Questi dovrà essere sottoposto ad un importante intervento che ha certamente un costo; Poi resterà in ospedale per un periodo abbastanza lungo che avrà anch’esso un costo; A seguito di ciò bisognerà fornirgli delle protesi e forse un ciclo di riabilitazione sempre a carico dello Stato a cui appartiene; A questo punto si ritroverà inabile al lavoro ed il suo welfare dovrà provvedere a mantenerlo per tutta la vita; Con molta probabilità questa sua disabilità lo porterà ad odiare la propria classe politica che l’ha condotto al macello e possibili tensioni sociali potrebbero innescarsi.

Se al contrario il nostro ipotetico militare ventenne fosse morto subito, cinicamente parlando, il danno per il proprio Stato sarebbe stato minore.

In altri termini, dunque, secondo queste teorie barbare, 1 milione di persone morte immediatamente sarebbero meno dannose di 1 milione di mutilati gravi.

Ed è questa la logica, sottaciuta al grande pubblico, che ha portato l’Occidente, tra il 1990 ed il 1999, a dotarsi di questo tipo di proiettili.

Certo, è vero che l’uranio impoverito – grazie alle proprie caratteristiche di innesco spontaneo e per il solo effetto dell’alta densità, unita alla grande energia cinetica dovuta all’alta velocità – è perfetto per la costruzione di proiettili penetranti tant’è che una munizione di questo tipo da 5 kg, sparata da un carro armato  avente una bocca da fuoco da 120 mm, ha uno slancio tale da poter rompere l’armatura massiccia di qualsiasi tank, ma è altresì vero che con un proiettile al tungsteno monocristallino si otterrebbe lo stesso risultato, solo quest’ultimo costerebbe molto di più e non avrebbe gli effetti nefasti che invece può garantire l’uranio impoverito.

Una volta esploso attraverso l’armatura, infatti, la punta dell’uranio si disintegra per via del calore creato, circa 3000°C, e le pericolose particelle iniziano a bruciare polverizzandosi e depositandosi per tutta l’area circostante con gravi rischi sia per le persone che per gli animali.

Infatti oltre al rischio di avvelenamento da metalli pesanti, se l’uranio impoverito viene inalato, il metallo radioattivo si deposita nei polmoni e in altri organi causando diversi tipi di cancro, dai linfomi di Hodgkin alle leucemie.

Secondo alcuni studi condotti in Germania, poi, le molecole di uranio impoverito sono in grado di viaggiare in ogni parte del corpo, compresi lo sperma e le uova, cosa che aumenta la probabilità di cancro e danni ai geni, causando forme di malformazione nei figli delle persone che sono state a contatto con queste micro polveri causando così, alla lunga, un danno economico, sociale e sanitario enorme al nemico, di gran lunga superiore a qualsiasi mina antiuomo.

Peccato però, e questo è sottaciuto più delle controindicazioni agli avversari, che a farne le spese, se pur in proporzione inferiore siano anche i militari che usano queste armi perché già nelle fasi di lancio delle particelle si liberano nell’etere.

Lo sanno bene i nostri militari che a seguito della loro partecipazione a diverse cosiddette “Missioni di Pace” si sono ammalati riscontrando l’insorgere di gravissime patologie neoplastiche.

Come non dimenticare allora:

  • Il Caporal Maggiore Alpino Luigi Sorrentino che è stato in missione in Kosovo, Albania ed Afghanistan e che a seguito di queste operazioni si è gravemente ammalato di cancro. Aveva intentato una causa per ragioni di servizio contro il Ministero della Difesa “affinché qualcuno riconoscesse i propri errori” e preso dallo sconforto per essersi scontrato contro un muro di gomma si è tolto la vita nel 2018;
  • Il Maresciallo dell’Esercito Marco Diana, morto, dopo atroci sofferenze, all’età di 50 anni. Aveva partecipato alle missioni in Somalia e Kosovo;
  • Il Maresciallo dell’Esercito Alberto Sanna, ucciso a 65 anni da una leucemia mieloide cronica aveva partecipato a diverse missioni nei Balcani;
  • Il Sottocapo della Marina Militare Lorenzo Motta, che – dopo aver partecipato in tre anni a tutte le più importanti missioni all’estero della Marina: Grecia, Turchia, Gibilterra, Golfo Persico, Marocco, Afghanistan, operazioni antiterrorismo e antipirateria, dove si faceva uso di uranio impoverito nelle munizioni anticarro e nelle corazzature di alcuni sistemi di armamenti – all’età di 24 anni, nel luglio 2005, ha scoperto di avere il linfoma di Hodgkin.

Giusto per citarne alcuni perché, ahimè, la lista potrebbe essere veramente lunghissima visto che,nella sola Italia, i militari colpiti da patologie legate alla cosiddetta “Sindrome dei Balcani” sono quasi 8mila e di questi, più di 375, sono già deceduti.

Una vera e propria strage della quale è certamente a conoscenza anche l’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che, durante i Governi D’Alema e Amato (1999-2001), rivestì l’importante ruolo di Ministro della Difesa e che, come ha ricordato Lorenzo Sani, giornalista e inviato nazionale del Resto del Carlino-Nazione-Giorno, all’epoca dei fatti negava “a più riprese il possibile nesso tra l’insorgere delle patologie e il servizio. Negò che la Nato avesse mai utilizzato proiettili all’uranio impoverito (DU, Depleted Uranium), tantomeno che questo fosse contenuto nei Tomahawk (missili) sparati in zona di guerra dalle navi Usa in Adriatico. Insomma, Mattarella, candidato di Renzi al Quirinale, negò su tutta la linea … Negò pure – ricorda Sani – ciò che era possibile reperire nei primi giorni di internet sugli stessi siti della Difesa Usa, che magnificava l’efficacia degli armamenti al DU e dettava, contestualmente, le precauzioni sanitarie da adottare in caso di bonifica: protocolli di sicurezza molto rigidi, che prevedevano l’utilizzo di tute, guanti e maschere protettive, per svolgere il lavoro che invece a mani nude e senza protezioni facevano i nostri soldati. I quali, nel frattempo, continuavano ad ammalarsi e morire…

Dunque, se malauguratamente i soldati ucraini dovessero sparare i britannici “Charm1” e “Charm3”, così si chiamano i proiettili all’uranio impoverito in dotazione ai carri “Challanger” in arrivo in quel di Kiev, a pagarne le conseguenze non sarebbero solo i militari russi ma soprattutto gli ucraini perché le micro polveri attaccherebbero prima gli uomini e poi si fisserebbero al terreno mandando in malora tutta la catena alimentare e l’eco sistema.

Già questo sfortunato Paese ha dovuto subire l’emergenza di Chernobyl, ora, grazie agli inglesi, potrebbe vivere in una lenta agonia  che durerebbe intere generazioni.

Pertanto, a nostro modo di vedere, è compito precipuo dell’Italia e di tutti gli altri partner occidentali, far desistere la Gran Bretagna da una simile fornitura perché non solo sarebbe contro ogni prospettiva di pace ma potrebbe causare danni incalcolabili sia sotto il profilo economico, che umano, in quella data parte del mondo.

Lorenzo Valloreja      

Una volta “il Divo” Giulio ebbe a dire: << A parte le guerre puniche, mi viene attribuito veramente di tutto >>; oggi il medesimo destino sembra spettare alla Russia di Putin.

Infatti, è dai tempi della pandemia che Roma accusa Mosca di quanto segue.

  • Spionaggio che, secondo i nostri politicanti, sarebbe avvenuto in occasione della cosiddetta Operazione “Dalla Russia con Amore” quando, nei primissimi mesi della pandemia, con l’invio di 104 medici del Reparto di Difesa chimica e biologica dell’esercito russo a Bergamo, le autorità russe avrebbero “rubato” il virus per elaborare lo Sputnik V. Peccato, però, che, sempre gli stessi, tacciano riguardo al fatto di come il Covid, negli stessi giorni, se pur in maniera ridotta, fosse presente anche in Russia e di come, il nostro Paese, pur svettando in Europa per numero di contagiati, a differenza dell’Istituto Gamaleya di Mosca, non sia stato a tutt’oggi ancora capace di concludere la fase sperimentale del proprio antidoto autoctono.
  • Fomentare la crisi energetica non garantendo più le forniture di gas al Vecchio Continente. Una versione, questa, che fa veramente acqua da tutte le parti, proprio come i gasdotti Nord Stream 1 e 2, fatti saltare non certo da Mosca ma da qualche sottomarino di una non ben identificata potenza occidentale; così come è pacifico constatare che, nonostante il prezzo del gas russo sia ancora di gran lunga più conveniente di qualsiasi altro fornitore, è stata solo la ferrea volontà dell’occidente a far si che l’Europa si affrancasse, costi letteralmente quel che costi, dagli idrocarburi di Putin.
  • Interferire nella vita politica di Paesi come l’Italia, attraverso l’uso sapiente di Internet e delle Fake News, dimenticando però che bufale colossali come:
    • I 500 leoni liberati da Putin per le strade di Mosca al fine di far rispettare il   lockdown;
    • L’imminente morte di Putin a causa di una sua grave malattia che ne avrebbe già compromesso le capacità decisionali;
    • L’ormai prossimo default dell’economia russa a causa delle sanzioni;
    • L’isolamento internazionale del Cremlino;
    • Il colpo di stato ormai imminente che si starebbe preparando per estromettere il cosiddetto zar dalla guida della Russia;

Non sono voci fatte circolare dal Cremlino quanto piuttosto dai media occidentali e in particolar modo da quelli italiani.

  • Favorire i flussi migratori dall’Africa per destabilizzare in primis l’Italia e successivamente l’intera Unione Europea. Accusa, quest’ultima, veramente pretestuosa per le seguenti modeste riflessioni.
    • Secondo i dati ufficiali ISTAT, i migranti giungono clandestinamente sulle coste italiane fin dal lontano 1997 e, ad oggi, sono sbarcati circa 1 milione e mezzo di persone (a tal riguardo si tenga presente che gli anni peggiori sono stati: il 1999 con l’arrivo di 49.999 clandestini, il 2011 che ne ha contabilizzati ben 62.692, per non parlare poi del quinquennio 2013/2018 che ha visto l’approdo di 667.672 irregolari ed il biennio 2021/2022 che ha registrato l’arrivo di ulteriori 170.000 disperati).
    • La colpa non è della Russia o della Turchia se queste ultime hanno “preso piede” in Africa quanto di Paesi come l’Italia che:
      1. Non ha fatto il proprio dovere in Libia per evitare che un alleato come Gheddafi venisse eliminato, quindi lasciando la nostra ex colonia nel più totale caos;
      2. Ha usato male le proprie risorse militari nel Mali dove i nostri militari coprono le spalle all’esercito francese senza ottenere però vantaggi ragguardevoli;
      3. Anziché inviare armi al Governo di Tripoli, nostro attuale alleato ufficiale nella “Terra dei Fileni”, si è scelto di depauperare le nostre risorse in Ucraina.
  • Mi sembra di poter inoltre sommessamente affermare che:
    1. Accostare le azioni dei malavitosi russi al Governo di Mosca ha la stessa valenza dello stereotipo per il quale si potrebbero accostare, all’estero, le mafie italiane alle istituzioni italiane, ed è sempre un vero e proprio oltraggio che si commenta da sé;
    2. Pare che la “Wagner” non abbia un ruolo determinante nella vicenda migratoria e lo ha affermato anche il Commissario UE Margaritīs Schinas, il quale ha definito “accessoria” la responsabilità dei mercenari russi:
    3. La Francia ha avuto una responsabilità di primordine nella destabilizzazione del Nord Africa, nonostante ciò il nostro Governo si considera ancora vincolato dal “Trattato del Quirinale”.

Eppure è dall’inizio della Guerra in Ucraina che questa organizzazione, così come tante altre associazioni, ha supplicato i vari Esecutivi succedutisi nel tempo affinché si mantenessero i toni bassi ed il nostro Paese, nel rispetto della propria Costituzione e della propria tradizione diplomatica, potesse fungere più da mediatore ed operatore di pace, che da falco della situazione.

D’altronde lo schianto del drone americano nelle acque del Mar Nero, a seguito delle manovre di due caccia russi, suggerirebbe proprio un piglio più morbido nei confronti di Mosca, onde evitare una terribile escalation militare.

Pertanto, è per il bene di tutti i popoli e con una umilissima preghiera, che chiediamo all’attuale Esecutivo di impedire la divulgazione in futuro di notizie o l’esternazione di considerazioni di membri del Gabinetto le quali, per propria natura, qualora fossero vere, dovrebbero solo restare segrete, non fosse altro per un principio di Sicurezza Nazionale, e che, se diffuse, potrebbero solo esacerbare gli animi, ed accendere polemiche tra le varie Cancellerie, in un crescendo spropositato di insulti ed illazioni infondate.

Lorenzo Valloreja

Come Presidente dell’Associazione degli italiani amici della Russia, come giornalista  e come semplice cittadino italiano, sono costernato e offeso nel constatare che in rete si trovi un sito ucraino denominato “МИРОТВОРЕЦЬ” ovverosia in italiano “Il Pacificatore”, il quale – stando alle informazioni di alcuni giornali inglesi, sarebbe curato o gestito, dall’agenzia governativa di intelligence “Servizio di Sicurezza dell’Ucraina” (SBU) – pubblica, in barba ad ogni rispetto per la privacy altrui, informazioni personali (numeri di telefono, indirizzi di residenza, link dei profili social, nomi di eventuali figli e parenti) su coloro che sono considerati “nemici dell’Ucraina“, cioè, russi e non, tra i quali molti italiani, rei di avere, a quanto pare, solo opinioni difformi rispetto alla vulgata ufficiale sulla Guerra in Ucraina.

Scopriamo così che tra questi italiani vi è anche un importante esponente della maggioranza di Governo italiano: Silvio Berlusconi.

Ma non solo, tra i presunti criminali troviamo anche alcuni dei giornalisti trattenuti indebitamente in Ucraina da più di una settimana come Alfredo Bosco,

o altri operatori dell’informazione come Giorgio Bianchi e Vittorio N. Rangeloni, così, giusto per citarne alcuni.

Ora, si badi bene che tale sito è affiliato con il Ministero degli affari interni dell’Ucraina  e nella prima pagina campeggia la scritta in cirillico “РОССИЯН И ДРУГИХ ВРАГОВ НАДО УБИВАТЬ И НЕ БОЯТЬСЯ ЭТОГО ДЕЛАТЬ” che tradotto vuol dire “I RUSSI E GLI ALTRI NEMICI DOVREBBERO ESSERE UCCISI E NON DOVRESTI AVERE PAURA NEL FARLO

Si domanda pertanto:

  • Al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni quali sono le azioni che intende intraprendere affinché l’Ucraina garantisca che questi nostri connazionali non abbiano nulla da temere sia per la loro incolumità fisica che morale;
  • Agli organi giurisdizionali e di polizia postale di aprire procedimenti contro queste gravissime fattispecie di odio e istigazione, sperando che tutto ciò non sia considerato “notizia di fatto non costituente reato”.

il Presidente

Lorenzo Valloreja