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Nel vertice di ieri ad Astana, Putin, anche questa volta, è riuscito a stupire il mondo.

L’occidente ultimamente tende a rappresentarlo come continuamente all’angolo, politicamente e fisicamente, ma non è  così.

Infatti, la proposta fatta ad Erdogan, di trasformare la Turchia nel più grande Hub del gas nel Mediterraneo, è veramente geniale perché consentirà:

  • Alla Russia di reindirizzare gli oltre 100 miliardi di metri²/anno di metano non più utilizzabili dalla Germania a seguito della distruzione dei gasdotti Nord Stream 1&2;
  • Alla Turchia, Paese NATO, ma non per questo ostile a Mosca, di ottenere metano a basissimo costo per le proprie industrie e per le proprie abitazioni;
  • Alla Gazprom di incassare favolosi utili;
  • Ad Istanbul di poter rivendere ai Paesi UE, al prezzo che riterrà più opportuno, tutto il gas che vuole, saltando così, a piè pari, le sanzioni.

Non a caso la regione scelta per questo stoccaggio è la Tracia, cioè, la propaggine balcanica e quindi europea, della Turchia.

Qui il gas, nonostante debba attraversare  il Mar Nero per circa 800km, impiegherà veramente pochissimo tempo ad arrivare, dalla città russa di Anapa.

Infatti la linea è già esistente, è la famosa TurkStream, il gasdotto che, a partire dal 2014, prese il posto del “South Stream” allorquando, gli Stati Uniti, fecero, tanto per cambiare, delle enormi pressioni sul Governo Bulgaro affinché si ritirasse dal progetto … e così fu.

Oggi, però, questo tracciato taglia fuori tutti questi interlocutori deboli, lasciando sul campo solo la Turchia, Paese fondamentale per Washington, specie in chiave di contenimento sia dell’Iran che della Russia, nonché tassello fondamentale nei delicati equilibri in Medio Oriente tra Israele, Siria ed Arabia Saudita.

Ergo, per la Casa Bianca, irritare Ankara sarebbe un gravissimo errore e ciò che viene concesso oggi ad Erdogan è, né più e nemmeno, quello che fu concesso all’Italia, in politica estera, durante la Prima Repubblica.

Ora sta a noi, se fossimo più furbi ed accorti, cogliere la palla al balzo per perseguire l’esclusivo Interesse Nazionale.

Le guerre infatti passano e con esse anche le sanzioni, ma i danni che stiamo creando alla nostra economia, perseguendo un pervicace piano di affrancamento dalle risorse russe, sono incalcolabili ed irreparabili.

A tal riguardo è da tener presente che qualora, la Turchia, non possa lucrare su eventuali forniture di gas al blocco occidentale, si ritroverà ad avere, sul proprio territorio, un costo dell’energia immensamente competitivo favorendo così, la delocalizzazione di molte imprese europee, dal vecchio continente alla Penisola Anatolica, cosa che, tra l’altro, sta già avvenendo.

Le previsioni di recessione per il nostro Paese e per la Germania, poi, non fanno presagire nulla di buono.

Sarebbe, dunque, buona cosa abbandonare immediatamente le sanzioni e allungare il TurkStream fin sulle coste italiane, come, d’altronde, era già stato preventivato nel precedente progetto del South Stream.

Con ciò non vogliamo minimamente sostenere la dipendenza energetica dell’Italia verso una determinata potenza straniera: l’autonomia energetica, infatti, è senz’altro il principio base per uno sviluppo concreto e sostenibile di qualsiasi comunità; ma siamo altresì convinti che l’autonomia si raggiunga solo attraverso una minuziosa pianificazione accompagnata dalla realizzazione di tutta una serie di infrastrutture che, obtorto collo, necessiteranno di anni per essere, prima, progettate, poi, cauterizzate ed infine, riconsegnate alla collettività.

Nel mentre tutto ciò accadrà, ahimè, il Paese sarà già morto e questo, noi, francamente non possiamo permetterlo.

Dunque, dipende esclusivamente da noi, decidere, se questo hub turco sia la nostra pietra tombale o il punto di rilancio della nostra economia.

 

In questi ultimi tempi, in Italia, si è tornati a fare un gran parlare delle ingerenze russe, argomentazioni, queste ultime, che, seppur puntualmente smentite, sono pur sempre servite a creare quel clima di sospetto e diffidenza, verso certa classe politica, per distogliere l’attenzione dai reali problemi del Paese e alimentare la russofobia tanto cara in quel di Washington.

Così, mentre il mainstream è stato impegnato a gridare al lupo al lupo, nessuno si è accorto, in Italia e in Europa, di chi realmente stesse compiendo ingerenze, influenzando, così, non solo la politica estera di chi è rimasto vittima di queste azioni, ma, anche le scelte economiche della Nazione malcapitata.

Con le fughe di gas occorse nelle giornate del 26 e 27 settembre 2022, prima al Nord Stream2 e poi al Nord Stream1, è il caso, ad esempio, della Germania di Scholz.

Berlino, infatti, al di là della retorica europeista, dipende tutt’ora, per il 55%, dalle forniture di gas naturale russo ed è per questo motivo che, pur essendo cambiati negli anni le maggioranze ed i governi che ne hanno determinato l’azione, è stata sempre molto restia a formulare nuove sanzioni contro il Cremlino, così come ha palesato, in più di un’occasione, la propria avversione ad un tetto massimo sul prezzo del gas.

Certo, i tedeschi odiano i russi e viceversa, ma in questo frangente, fino ad oggi, ha sempre vinto la realpolitik perché sanno benissimo di essere complementari sul piano strategico.

Pertanto, alla faccia della NATO e degli Stati Uniti, nonostante le minacce della Casa Bianca, il Nord Stream2 è stato portato a completamento nel settembre del 2021, salvo poi, a causa della Guerra in Ucraina, non rendere operativa questa condotta, ma l’opera era lì, pronta ad essere usata in tempi migliori.

Questo gasdotto è il gemello di un’altra linea precedentemente realizzata e resa operativa: il Nord Stream1. Quest’ultima è in grado di alimentare ben 25 milioni di abitazioni ed il progetto di questi due “tubi” fu fortemente contrastato sia dall’amministrazione Obama che dalla successiva presidenza Trump in quanto, in essa, gli Stati Uniti vedevano una perdita di egemonia sul vecchio continente.

Addirittura, l’ossessione americana per queste opere arrivò al punto tale che nell’agosto 2020, Tom Cotton, Ron Johnson e Ted Cruz, tre in fluentissimi senatori americani del Partito Repubblicano – tra i quali Cruz è stato anche candidato alle primarie per l’elezione del Presidente degli Stati Uniti nel 2016 – indirizzarono una lettera a Frank Kracht, Sindaco, all’epoca, di Sassnitz, una piccola città portuale di appena 10mila abitanti, situata a Nord-Est dell’isola di Rugen, Germania, con la quale lo minacciavano di durissime rappresaglie se avesse continuato ad ospitare nel porticciolo della propria cittadina le navi che stavano costruendo il Nord Stream2.

Per fortuna, a difesa del povero primo cittadino, intervenne la Merkel stessa, e l’opera andò avanti.

Non paga di questo, la Casa Bianca, nella persona del Presidente Biden, nell’aprile del 2021, nominò un inviato speciale per tentare di fermare la realizzazione del Nord Stream2, Amos Hochstein.

Hochstein, esperto di questioni energetiche e già collaboratore di Obama, è stato anche consigliere di amministrazione della compagnia di stato ucraina, Naftogaz, la quale, subordinata al ministero dell’energia, si occupa principalmente di petrolio e gas. Inoltre, Amos Hochstein, ha ricoperto il ruolo di vicepresidente di “Tellurian”, società del Texas attiva nell’esportazione di gas naturale liquefatto (Gnl), quello cioè, che, per intenderci, l’Italia sta comprando dagli Stati Uniti.

Ora, all’epoca della nomina dell’inviato speciale americano, Waldemar Gerdt, membro del Bundestang tedesco, dichiarò in assemblea: << Gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra ai progetti economici dei propri alleati in Europa e hanno intenzione di distruggere la concorrenza sia con mezzi politici che militari, se è necessario >>.

Ed arriviamo ai giorni nostri, dove, per l’appunto, due condotte del gas, il Nord Stream1 ed il Nord Stream2, posizionate rispettivamente a 88 metri di profondità, la prima, e a 70 metri, la seconda, hanno subito dei guasti tali da essere compromesse per sempre e secondo voi tali eventi sarebbero da addebitarsi all’accidentale o al dolo?

Beh, se non si viene giù dalla montagna del sapone, sicuramente la risposta unanime sarà il dolo.

E se questi incidenti sono dolosi, secondo voi, a chi potrebbero essere ascritti?

Stranamente, contravvenendo ad ogni rigor di logica, per quanto pocanzi da me affermato, la stragrande maggioranza degli organi di stampa occidentali ha addebitato la responsabilità a Mosca e nello specifico a dei droni sottomarini dell’esercito russo che avrebbero fatto saltare le condotte nelle vicinanze dell’isola danese di  Bornholm … roba da matti!

Ma come si può pensare che la Russia farebbe saltare delle condotte quando queste, per Mosca, rappresentano ancora una delle principali fonti di reddito?

Al contrario, gli Stati Uniti, facendole saltare, avrebbero:

  • Forzato la mano della Germania riguardo il proprio sganciamento dalla dipendenza energetica nei confronti della Russia;
  • Indotto l’Unione Europa, senza colpo ferire, a varare un nuovo pacchetto di sanzioni nei confronti del Cremlino;
  • Affossato l’economia tedesca che, ricordiamolo, senza il gas russo sarà costretta nell’immediato a delocalizzare aziende come la Volkswagen e quindi a depotenziare anche l’economia europea nel suo complesso;
  • Indotto a Gazprom ad azionare delle contromisure nei riguardi di altri concorrenti come Naftogaz.

È infatti di queste ore la notizia che Mosca potrebbe sanzionare il gestore della rete ucraina.

In tal caso la società non potrebbe più effettuare i pagamenti di gas che finiscono poi in Europa con grande danno anche per l’Italia.

Ed è in virtù di questo che, al di là delle dichiarazioni rese dall’Onorevole Giorgia Meloni in campagna elettorale, chiediamo a gran voce, al nuovo Governo Italiano, di riprendere la strada del dialogo con la Russia, facendosi artefice e mediatore di pace, e non limitandosi a recitare la parte del fido alleato degli Stati Uniti a tutti i costi, anche a prezzo della consunzione dei popoli del vecchio continente.

                                                                                         il Presidente dell'Associazione

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L’Associazione degli italiani amici della Russia esprime tutta la propria solidarietà al filosofo Alexandr Dugin per il vile attentato subito che gli ha sottratto, per sempre, l’amata figlia Darya.

Tale atto terroristico è ancor più grave di quel che sembra perché mirava all’eliminazione fisica dello stesso professore russo ritenuto uno degli ispiratori del putinismo.

In altri termini, in certi ambienti, si è iniziato a pianificare non solo l’emarginazione della cultura russa ma anche l’uccisione di coloro i quali hanno idee difformi rispetto al pensiero unico globalista.

Tutto ciò è deprecabile perché siamo nel pieno di una guerra e la comunità internazionale di tutto ha bisogno tranne che di atti terroristici che alimentino lo scontro.

È altresì deplorevole il silenzio assordante da parte di tutte le cancellerie occidentali che in altre occasioni e verso soggetti di diverso orientamento politico avrebbero certamente sollevato polveroni mediatici di dimensioni galattiche, mentre, in questo caso, ribadiamolo, sembra che le vite umane non abbiano lo stesso valore.

il Presidente

Il 12 Giugno, come ogni anno, è la Festa Nazionale della Federazione Russa.

Prima del conflitto in Ucraina e prima della Pandemia, era usanza dell'Ambasciata Russa in Italia tenere un grande ricevimento, presso Villa Abameleck, per festeggiare questa importante ricorrenza.

A tale manifestazione erano puntualmente invitati anche gli italiani: imprenditori, politici, artisti, militari, associazioni, la crem della crem del nostro Paese insomma, e ciò avveniva per fortificare e confermare l'amicizia che legava i nostri due popoli.

Oggi, grazie alla miopia politica di molti e ad una terribile tempesta "russofobica" ancora in atto, ciò non è più possibile ...

Essendo oggi, casualmente, anche la Festa della Santissima Trinità, ci affidiamo al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo, acciocché vogliano illuminare le menti ed i cuori di chi detiene i destini del mondo,  affinché, a trionfare, siano la pace e la concordia e non la guerra e la divisione.

 

 

A tre mesi dal quel fatidico 24 febbraio una cosa possiamo dircela in tutta franchezza: questa guerra l’Occidente l’ha persa!

L’ha perduta nella misura in cui, gli Stati Uniti, e con essi i loro sodali, pur proclamando il prosieguo delle ostilità fino alla vittoria finale dell’Ucraina, devono registrare:

  • L’impossibilità del “Regime Change”;
  • Il fallimento totale delle sanzioni comminate alla Russia, attraverso le quali, benché siano arrivate a n°6 e in corso di “stampa” la n°7, il Cremlino non solo non è andato in default (come invece pomposamente pronosticato 2 mesi or sono dall’amministrazione Biden) ma ha visto:
    • Le proprie riserve di valuta estera (Dollari ed Euro) triplicare;
    • I Paesi NATO annaspare nella ricerca spasmodica di risorse energetiche e alimentari (granaglie) alternative a quelle russe;
  • Il Crack degli aiuti militari ed economici a Kiev che, al netto dei 40 miliardi di dollari stanziati, deve riconoscere:
    • Una lenta ma inesorabile avanzata dell’armata Rossa sul territorio ucraino che, di questo passo, ben presto si vedrà certamente precludere l’accesso al mare e quindi ai porti da dove esporta le proprie granaglie;
    • L’annientamento totale, in quel di Mariupol, dei reparti speciali ucraini, addestrati ed armati dagli occidentali;
    • La morte di più di 10 mila militari ucraini;
  • La renitenza di importanti alleati come la Turchia, la quale, non solo non ha comminato sanzioni a Mosca, ma si è resa colpevole, agli occhi di Washington, di:
    • Intavolare delle trattative per trovare una soluzione pacifica al conflitto;
    • Sbarrare la strada all’ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia.

Di contro, Putin, ha potuto constatare:

  • Il consenso ancora, pressoché, plebiscitario nel proprio Paese;
  • La solida amicizia dei Paesi BRIC e per nostra sciagura della CINA in particolar modo;
  • La propria forte influenza in Africa e in Sud America;
  • Le divisioni reali, al di là dei proclami, all’interno dell’UE;
  • La certezza di raggiungere, tramite il tempo, tutti gli obiettivi che si era prefissato in Ucraina.

Guardando invece in casa nostra non possiamo non segnalare il fatto che i Pescatori italiani non siano usciti, per garantire il pescato fresco sulle nostre tavole, in quanto il caro carburante rende impossibile la loro attività economica e ben presto, la crisi alimentare, causata dalla scarsità delle granaglie nel Nord Africa, porterà milioni di profughi economici a riversarsi sulle coste del Bel Paese.

In un’Italia in cui, al di là delle campagne giornalistiche pro Nazione aggredita (Ucraina), la popolazione è, per la stragrande maggioranza, indifferente alle ragioni degli uni piuttosto che degli altri ed è soprattutto  stanca di questa instabilità, principalmente economica, un Ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio, dopo aver improvvidamente definito, il Capo di Stato di una grande potenza estera, qual è Putin, “peggio di un animale”, cosciente delle proprie prossime esigenze elettorali, si è affrettato a presentare all’ONU un piano inattuabile di cessate il fuoco.

Proposta irricevibile che sicuramente sarebbe stata rigettata dalle parti in causa, come è infatti è accaduto, perché:

  1. Non tiene in alcun modo conto dello stato di fatto del conflitto;
  2. Non va oltre le classiche frasi e intenzioni di circostanza.

In definitiva, a nostro modo di vedere, se l’Italia vuole iniziare a smarcarsi da questa ingombrante influenza americana, la cosa più logica che possa fare, avendo contribuito oltremodo alla causa ucraina e quindi essendosi dimostrata non equidistante dalle parte, è quella di rimettere in gioco la diplomazia vaticana ed offrire il territorio italiano per un eventuale luogo dove tenere una futura conferenza di pace.

Ciò noi l’abbiamo sostenuto fin dal primo giorno di questo conflitto e in tutto questo tempo, come associazione, nel nostro piccolo, non abbiamo mai smesso di lavorarci sopra.

Va in tal senso la nostra lettera indirizzata al Presidente Putin nell’Aprile del 2022 con la quale abbiamo paventato la possibilità di utilizzare la città abruzzese di Ortona, quale luogo dove tenere questa conferenza di pace.

La scelta su questa cittadina ha una valenza altamente simbolica, dato l’appeal che ha il tema storico/simbolico nella politica russa.

Nello specifico Ortona (CH) è considerata, dalla stragrande maggioranza degli storici contemporanei, la “Piccola Stalingrado d’Italia a causa di una delle più terribili battaglie combattute, dai Tedeschi e dagli Alleati durante la “Campagna d’Italia”, nella Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, nella cattedrale della bella città rivierasca, sono conservate, dal 1258, le “Sacre Ossa” di San Tommaso, uno dei Dodici Apostoli di Gesù. Discepolo, quest’ultimo, molto caro ed onorato non solo dai cattolici, ma anche dagli Ortodossi, siano essi Ucraini così come Russi.

Un luogo quindi non divisivo, e che potrebbe riportare alle più miti intenzioni tutti i protagonisti.

A tal riguardo riportiamo, qui di seguito, la risposta, prima in cirillico e poi in Italiano, fattaci pervenire da Mosca per tramite dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, al nostro quesito:

“Признательны за Ваше предложение. Оно будет внимательно рассмотрено. Верим, что кризисы приходят и уходят, а многовековые узы дружбы между нашими народами остаются несокрушимыми и еще обязательно принесут новые прекрасные плоды”.

Le siamo grati per la Sua proposta. Verrà valutata  attentamente. Siamo fiduciosi del fatto che i periodi di crisi vanno e vengono mentre i legami di amicizia secolare fra i nostri popoli restano incrollabile e porteranno ancora dei nuovi bellissimi frutti”.

Ci riserviamo pertanto, in questi giorni, di sollevare identico quesito al Presidente Zelensky, fiduciosi che anche il Governo Ucraino voglia darci un segnale di attenzione.

 

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Lo so, forse potremmo sembrare fin troppo presenzialisti, ma, posso assicurarvi che, il nostro continuo comunicare con la stampa, in questi giorni, è dovuto esclusivamente all’incredibile serie di eventi e colpi di scena, che si stanno verificando in maniera quasi compulsiva.

Capita così che, dallo “scivolone” di Biden - in merito alle proprie dichiarazioni rilasciate in quel di Varsavia contro Putin che sembravano aver allentato le tensioni tra l’UE e la Russia – ci sì è ritrovati, pochi giorni dopo, con la costatazione di un massacro avvenuto a Bucha ed ora con l’espulsione di 30 diplomatici Russi dall’Italia, 40 dalla Germania e un numero non ben precisato dalla Francia. Il tutto, si badi bene, è avvenuto, stante le dichiarazioni ufficiali dei Paesi coinvolti, per garantire le rispettive sicurezze nazionali ed europee.

In realtà io credo che il tutto sia avvenuto semplicemente perché, gli Stati Uniti, vero dominus del campo occidentale, non abbiano nessuna voglia di mandare l’Ucraina a trattative ed anzi, intendano prolungare il più possibile questa guerra, da un lato, per fiaccare quanto più possibile l’Armata Rossa e, dall’altro, accertarsi che il processo di affrancamento dell’Europa dagli idrocarburi russi avvenga nelle dovute forme e tempistiche utili esclusivamente all’economia americana.

In tutto questo la politica nostrana sembra essere stata colpita da pura follia, perché non vi può essere altro aggettivo per descrivere chi, sia in ambito privato che pubblico, pone in essere dei gesti sotto la spinta, non della logica, ma, dell’irrazionalità, non del dialogo, ma, dell’unidirezionalità.

Infatti, da che mondo e mondo, i diplomatici servono, a costruire ponti di dialogo e di speranza, non a ledere le sicurezze altrui.

Se, ad esempio, noi espelliamo 30 diplomatici russi, come in effetti è stato, è logico che Mosca faccia altrettanto per un mero discorso di risposta proporzionale e simmetrica, dunque in queste condizioni come possiamo pensare di trovare la pace?

Ma è mai possibile che nessuno nel Governo del nostro Paese si sia reso conto che l’attuale posizione assunta dall’Italia è totalmente inopportuna non per la tutela degli interessi russi e neanche per quelli ucraini, quanto per il mantenimento di quelli del popolo italiano?

Ma è proprio così difficile, in questa occasione, essere come la Turchia di Erdogan o lo Stato di Israele di Bennett?

Pescara 05/04/2022                                             

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PUBBLICHIAMO UNA COMUNICAZIONE DELL'AMBASCIATA RUSSA IN ITALIA RIVOLTA A TUTTI GLI AMICI DELLA RUSSIA:

Cari amici della Russia in Italia!
Ogni giorno la nostra Ambasciata riceve migliaia di messaggi con sincere parole di sostegno e solidarietà. Esprimiamo la nostra viva gratitudine a tutti i cittadini italiani, che, nonostante la valanga di propaganda antirussa, di fake news e di palesi falsificazioni diffuse da alcuni media occidentali, manifestano sincera preoccupazione per i destini del nostro Paese, per il futuro delle relazioni russo-italiane. Condividiamo la vostra indignazione per vari tentativi di «cancellare» la Russia e di seminare rancore tra noi: russi e italiani.
Grazie di cuore a tutti voi: professori e studenti, giornalisti, scrittori, sacerdoti, rappresentanti di forze politiche e associazioni culturali, imprenditori, avvocati, medici, architetti, rappresentanti del mondo della scienza, dell'arte e dello sport, nonché tantissimi altri comuni cittadini italiani.
Il nostro Popolo ha attraversato molte prove difficili nella sua storia. Supereremo anche le attuali avversità. «Le crisi vanno e vengono, ma gli interessi nazionali restano».
I russi e gli italiani hanno molte affinità. Crediamo che le relazioni tradizionalmente amichevoli tra i nostri Paesi abbiano delle prospettive per ulteriore sviluppo e cooperazione.
Con rispetto e gratitudine,
l'Ambasciata della Federazione Russa nella Repubblica Italiana

Oggi, mentre Papa Francesco, santamente e giustamente, consacrava la Russia e l’Ucraina al cuore immacolato di Maria, Regina della Pace, in quel di Bruxelles Mario Draghi sembra aver “perso la Trebisonda” quando, secondo me in maniera superficiale, ha dichiarato la propria solidarietà, senza se e senza ma, ai giornalisti de “La Stampa” di Torino, in quanto, è il caso di sottolinearlo secondo il Premier, in Russia, a differenza che in Italia, non vi è libertà di stampa.

Bene Signor Primo Ministro, ma, per onor di cronaca Lei dovrebbe sapere che, Sua Eccellenza Razov - Ambasciatore Plenipotenziario presso la Repubblica Italiana, con l’esposto/denuncia presentato presso la Procura della Repubblica di Roma - non sta contestando la libertà di stampa in Italia, né il diritto di esprimere dei  liberi pensieri, no davvero, ciò che l’alto diplomatico russo sta contestando è un possibile reato commesso dal giornalista de “La Stampa” il quale, in maniera più o meno inconsapevole, intitolando il proprio articolo: “Guerra Ucraina-Russia: se uccidere Putin è l’unica via d’uscita” potrebbe incorrere primariamente nell’infrazione dell’art. 414 del Codice Penale, cioè si potrebbe ravvisare il reato di istigazione a commettere delitti, e secondariamente nel aver infranto l’art. 297 del Codice Penale, in quanto Putin è un Capo di Stato Estero, e, contrariamente alla vulgata, non in guerra con l’Italia, ma solo con l’Ucraina, dunque, in questo caso si potrebbe ravvisare anche il vilipendio.

Ma questo, per l’uno e l’atro articolo, non sarà Draghi, né Razov, a stabilirlo, ma la magistratura italiana.

Infatti, se il nostro sistema democratico consente la libera espressione e altresì vero che permette anche, a chi si sente leso da talune notizie, di adire le opportune osservazioni presso gli organi preposti.

Dunque, se si sta seriamente lavorando per la pace che bisogno c’è di:

  • Dimostrare solidarietà a “La Stampa” di Torino?
  • Sottolineare che in Russia non vi sia la libertà di stampa?

Forse lor Signori non sanno che la presunta superiorità culturale e morale non ha mai portato bene e noi, di questi tempi, non possiamo di certo permetterci il procrastinarsi dei combattimenti.