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Nel vertice di ieri ad Astana, Putin, anche questa volta, è riuscito a stupire il mondo.

L’occidente ultimamente tende a rappresentarlo come continuamente all’angolo, politicamente e fisicamente, ma non è  così.

Infatti, la proposta fatta ad Erdogan, di trasformare la Turchia nel più grande Hub del gas nel Mediterraneo, è veramente geniale perché consentirà:

  • Alla Russia di reindirizzare gli oltre 100 miliardi di metri²/anno di metano non più utilizzabili dalla Germania a seguito della distruzione dei gasdotti Nord Stream 1&2;
  • Alla Turchia, Paese NATO, ma non per questo ostile a Mosca, di ottenere metano a basissimo costo per le proprie industrie e per le proprie abitazioni;
  • Alla Gazprom di incassare favolosi utili;
  • Ad Istanbul di poter rivendere ai Paesi UE, al prezzo che riterrà più opportuno, tutto il gas che vuole, saltando così, a piè pari, le sanzioni.

Non a caso la regione scelta per questo stoccaggio è la Tracia, cioè, la propaggine balcanica e quindi europea, della Turchia.

Qui il gas, nonostante debba attraversare  il Mar Nero per circa 800km, impiegherà veramente pochissimo tempo ad arrivare, dalla città russa di Anapa.

Infatti la linea è già esistente, è la famosa TurkStream, il gasdotto che, a partire dal 2014, prese il posto del “South Stream” allorquando, gli Stati Uniti, fecero, tanto per cambiare, delle enormi pressioni sul Governo Bulgaro affinché si ritirasse dal progetto … e così fu.

Oggi, però, questo tracciato taglia fuori tutti questi interlocutori deboli, lasciando sul campo solo la Turchia, Paese fondamentale per Washington, specie in chiave di contenimento sia dell’Iran che della Russia, nonché tassello fondamentale nei delicati equilibri in Medio Oriente tra Israele, Siria ed Arabia Saudita.

Ergo, per la Casa Bianca, irritare Ankara sarebbe un gravissimo errore e ciò che viene concesso oggi ad Erdogan è, né più e nemmeno, quello che fu concesso all’Italia, in politica estera, durante la Prima Repubblica.

Ora sta a noi, se fossimo più furbi ed accorti, cogliere la palla al balzo per perseguire l’esclusivo Interesse Nazionale.

Le guerre infatti passano e con esse anche le sanzioni, ma i danni che stiamo creando alla nostra economia, perseguendo un pervicace piano di affrancamento dalle risorse russe, sono incalcolabili ed irreparabili.

A tal riguardo è da tener presente che qualora, la Turchia, non possa lucrare su eventuali forniture di gas al blocco occidentale, si ritroverà ad avere, sul proprio territorio, un costo dell’energia immensamente competitivo favorendo così, la delocalizzazione di molte imprese europee, dal vecchio continente alla Penisola Anatolica, cosa che, tra l’altro, sta già avvenendo.

Le previsioni di recessione per il nostro Paese e per la Germania, poi, non fanno presagire nulla di buono.

Sarebbe, dunque, buona cosa abbandonare immediatamente le sanzioni e allungare il TurkStream fin sulle coste italiane, come, d’altronde, era già stato preventivato nel precedente progetto del South Stream.

Con ciò non vogliamo minimamente sostenere la dipendenza energetica dell’Italia verso una determinata potenza straniera: l’autonomia energetica, infatti, è senz’altro il principio base per uno sviluppo concreto e sostenibile di qualsiasi comunità; ma siamo altresì convinti che l’autonomia si raggiunga solo attraverso una minuziosa pianificazione accompagnata dalla realizzazione di tutta una serie di infrastrutture che, obtorto collo, necessiteranno di anni per essere, prima, progettate, poi, cauterizzate ed infine, riconsegnate alla collettività.

Nel mentre tutto ciò accadrà, ahimè, il Paese sarà già morto e questo, noi, francamente non possiamo permetterlo.

Dunque, dipende esclusivamente da noi, decidere, se questo hub turco sia la nostra pietra tombale o il punto di rilancio della nostra economia.